46 gradini
Primo contatto
…46 sono i gradini che ho percorso per raggiungere Artemisia. Correva il 6 Settembre 2017. Ero attesa da Arianna Garrone docente e direttice dell’istituto stesso. Cosa ci facessi li, a parte prendere delle informazioni, sinceramente, non mi era ancora chiaro. Dall’incontro ne esco però incuriosita e con quella solita vocina che ogni tanto fa capolino: è quella che sento quando ho una scelta da fare ed è quella che non mi fa pensare, di lei mi fido, a lei mi affido e parto in quarta.
Una lezione di prova e subito parto verso questo nuovo viaggio. Il mio viaggio come ricerca, il mio viaggio come scoperta. Di esso infatti conoscevo la durata, triennale, ma non quanto sarebbe stato impegnativo il percorso. Conoscevo più o meno le materie ma non quanto sarebbe andato a lavorare in profondità.
Inconsapevolezza
Seconda lezione: colloqui e strumenti counseling.
La lezione è tenuta da Arianna e la sua richiesta è… ”chi si propone come counselor e chi si propone come cliente?”. Alla richiesta del counselor, si percepisce la tensione, in quanto è un mezzo per far pratica, per mettersi alla prova, ma è pur sempre un esame e misurarsi di fronte alla classe e alla insegnante/direttrice stessa, non è da poco, ci va coraggio! Alzo la manina come cliente. L’ho colta come una possibilità nell’intotale inconsapevolezza di cosa sarebbe emerso. Una compagna, Marilena, conduce il colloquio e mi dice: “Respira, ascolta, definisci più chiaramente ciò che senti…” Arrivo a percepire e vedere in quale palude fossi.
Quel giorno, quella sensazione prese il suo nome: SOLITUDINE.
Non so bene quanto ci restai in quella palude, in quella zona scura, tetra, senza rumori. Ad oggi non saprei quantificare ma sicuramente tanto.
Era tutto buio, percepivo l’umidità e la difficoltà nell’incedere. L’area era vasta e l’acqua ed il fango, ad altezza ginocchia, rallentavano il mio cammino. In lontananza c’era una luce fioca che serviva per darmi una direzione e nel frattempo mi rassicurava. Il livello dell’acqua si fece decisamente piu basso ed il fango aveva cambiato di densità. Decisamente più solido per cui agevolava la camminata. Ricordo ancora oggi il pianto, un pianto di dolore profondo. Penso di aver pianto tutto il viaggio di ritorno verso casa ( 16 chilometri circa ) e parte del pomeriggio.
Verso la consapevolezza
Qualche lezione dopo, scoprii la TRIADE, la struttura infantile in cui tutti ci “sguazziamo” nella piena inconsapevolezza:
La pretesa
La lamentela
Il giudizio
Ed ecco che il mio senso della solitudine e dell’abbandono incomincio a percepirlo in modo diverso. Ovvero, la domanda che mi sono posta era: ”Ma tu Simona, quando e quanto ti abbandoni? e quando e quanto ti lasci sola? è veramente così, cioè un dato di realtà, o è un tuo sentire?”. La risposta non ha tardato ad arrivare: tantissime volte direi, quando rifuggivo quel dolore che mi devastava senza ascoltarlo ed accoglierlo e magari gli facevo anche la guerra, quando non mi ascoltavo e quando non rispettavo i miei bisogni, pretendendo che le persone accanto a me colmassero il mio vuoto esistenziale con la loro presenza.
Ho fatto anche di meglio: pretendevo che gli altri, non solo riempissero i miei vuoti, ma che, con la bacchetta magica, sapessero quando ne avessi più bisogno. Come se non bastasse, mi facevo andare tutto e tutti bene. Bastava non sentire quel vuoto e quel dolore. Ovviamente così non ricevevo nessun nutrimento anzi, il senso di vuoto era sempre più profondo e lacerante: ma la mia responsabilità dove stava?
Era giunta l’ora di rimboccarsi le maniche! Dove andare a ricercare l’origine? Sicuramnte era lontana, apparteneva all’infanzia. A tutto questo si affacciava la consapevolezza della poca autostima massacrata da un giudice interiore severo. Avevo appena visto la mia PRETESA e la mia LAMENTELA che fa capolino lui: il GIUDIZIO! Ma non è che quasi quasi l’Arianna avesse ragione? Ovvero, che nella famosa triade ci siamo dentro, che di essa prevale una modalità, ma le restanti due seguono a ruota? Se c’è il dolore c’è anche la soluzione. Prendo sempre più dimestichezza con gli strumenti dalla preziosa cassetta degli attrezzi: l’ASCOLTO, il SILENZIO, il RESPIRO…. Faccio mio il valore dello stare nel QUI ED ORA: ovvero non essere ancorata al passato, non essere proiettata nel futuro ma restare nel presente. In Sanscrito la parola “gu” significa togliere e la parola “ru” significa tenebre. Messe insieme compongono la parola “guru” ovvero togliere dalle tenebre. Come guru di me stessa, mi sono tolta dall’oscurità.
Questo lavoro è durato due anni.
Consapevolezza
Terzo anno. Non nascondo la mia grande stanchezza e l’incertezza nell’andare avanti. L’incertezza può essere affrontata in due modi: o subirla, facendosi sopraffare in tutti gli aspetti della vita, riducendo le aspettative e limitano le soddisfazioni, oppure abbracciarla con la propria capacità creativa, la capacità di rendere la vita nuova ogni giorno ed entrando in espansione con maggiore soddisfazione e sicurezza in un processo di risveglio. Ho anche pensato di prendermi del tempo ma stringo i denti e vado avanti scegliendo di affrontarla. Ben lontana da sentirmi anche solo “arrivata”, vedo e percepisco i cambiamenti: l’unica costante nella vita. Il mio obbiettivo è quello di portare il colloquio di counseling nel mio lavoro, ma il processo non mi era ancora chiaro. Ed ecco che si accende una lampadina, un’intuizione: l’ascolto. L’ascolto era ed è stata la chiave che ha dato la svolta.
Tutto il mio processo messo a frutto per il cliente. L’ascolto consapevole rispetto al dolore fisico che il cliente mi porta in studio; dare lo spazio alla descrizione di così come lo percepisce il cliente stesso. Nella medicina tradizionale cinese il dolore fisico è strettamente collego al dolore emotivo, infatti si parte dall’unione di corpo, mente e spirito inscindibili. Il dolore fisico è una via per percepire il disagio interiore. Accogliere la disarmonia fisica è un percorso di consapevolezza. Da tempo ho sostituito il verbo accettare con il verbo accogliere, mi da un senso di condivisione, di apertura verso l’altro. Accogliere me stessa, tramite il silenzio, mi ha permesso di essere in ascolto dell’altro. Ho sperimentato l’importanza di passare dal silenzio esterno per arrivare a quello interno, placando così la mente. Si crea così l’opportunità per percepire la PRESENZA di se stessi. Il mezzo è solo uno: il respiro consapevole. Senza di esso qualsiasi impresa di lavoro, di studio, di relazione, sarà fatta in condizione difficoltosa. Il respiro è la porta di accesso ai vissuti che condiziona la nostra mente e blocca la nostra postura impedendo il “free flow” come viene chiamato nello Shiatsu: il libero fluire dell’energia.
Rigraziamenti
Questi tre anni sono stati intensi e densi di condivisione con i miei compagni, oggi li ringrazio ad uno ad uno dal più profondo del cuore. Saprei riconoscere gli occhi di ciascuno di voi, perché ho avuto modo di osservarli attentamente, alcune volte pieni di sorpresa, di consapevolezza e molte volte bagnati dalle lacrime.
Ricordo quelli dei compagni più “intimi”:
Donatella: il blu del mare la mattina in primavera
Laura: Il verde delle foglie del bosco a fine settembre
Raffaella: le foglie del salice in estate
Laura: due bottoni scintillanti
Giulia e Cosmina: due nocciole mature
Paolo: il blu dei laghi di alta montagna
Claudia Di F.: due quadri diversi di Monet
Marco: la terra del Kenya
Ringrazio per la fiducia che mi è stata data durante i colloqui e ringrazio chi mi ha ascoltata e sostenuta nei miei momenti più vulnerabili, pronti con un fazzolettino, senza giudizio ma con grande compassione: grazie!
Un grande ringraziamento va a te Arianna, come direttrice, come insegnante, come colei che ha vegliato e veglia su di noi. Un grazie particolare alla classe del martedì, compagni di questo viaggio.
Ringrazio Marco, mio marito attenta presenza sempre al mio fianco, forte sostegno! Ciò che sono oggi è anche merito tuo.
Ringrazio Antonella e Gianluca, amici storici di profonde condivisioni e di tante leggere risate.
Ringrazio i miei clienti “esterni” in quanto mi hanno dato la possibilità di fare il tirocinio e la possibilità di crescere professionalmente.
Grazie, grazie, grazie!