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E’ il 23 settembre 2019, mi trovo a casa. 

Ho chiesto un giorno di ferie per poter scrivere la mia tesi per la scuola. 

Avevo immaginato di poterla scrivere in un particolare momento, in cui avrei trovato la massima aspirazione, magari trovandomi in un bel posto in montagna, vicino ad una cascata, in un bel prato verde, accompagnata dal cinguettio degli uccelli. 

E invece mi ritrovo di lunedì mattina nella mia cucina, con il sottofondo del rumore del frigorifero e l’abbaiare del cane di un vicino. 

Sto con quello che ho, e mi predispongo per mettermi al lavoro. 

Respiro, prendo consapevolezza del mio stato d’animo: i pensieri si concentrano, le emozioni si affollano, dapprima la paura di affrontare queste pagine bianche, poi il desiderio e l’entusiasmo di riempirle. Infine, le mie sensazioni fisiche , seduta sulla sedia, sento il cuore battere, sento un po’ di dolore al polso per la poca oramai abitudine a scrivere a penna. 

Come mi sento in questo momento? Bloccata, allungo le gambe, una sensazione forte all’altezza del petto, respiro e scelgo di lasciar andare tutte le mie paure, le mie aspettative, senza la pretesa che quello che ne verrà sarà un buon lavoro, lascio andare…si inizia. 

Per un certo periodo della mia fanciullezza ero solita a ritrovarmi da sola a fissarmi allo specchio, a guardarmi dritta negli occhi, fissa dentro al riflesso delle mie pupille, come se mi ci volessi tuffare dentro, alla ricerca di qualcosa di più grande di quello che potesse essere il mio corpo esterno, il mio contorno. 

Ricordo che pensavo e mi dicevo ” Esternamente son fatta così , ma dentro cosa c’è , dentro, nel profondo di quegli occhi?, “Chi sono io, veramente?” 

Esisteva in me la necessità di creare una sorta di contatto con la mia anima, con il mio “Essere”. Sentivo che c’era qualcosa …” Che cosa c’è, oltre?” mi domandavo, e sentivo forza in tutto il corpo. 

Ero incuriosita da quel “Sentire” e andavo alla sua ricerca, quasi per gioco, mi piaceva ascoltarlo e credergli. 

Quel “sentire” mi permetteva di avvertire tante dinamiche famigliari degli adulti. 

Situazioni di vita quotidiana, in cui percepivo gli avvenimenti che accadevano, senza che nessuno me li spiegasse o anticipasse. 

Mi bastava cogliere l’espressione di un volto, un sospiro, un sorriso, un atteggiamento, un voltar le spalle, un esitare all’uscio, per capire cosa stava succedendo, per capire le emozione altrui e averne poi la conferma successivamente. 

Con il passar degli anni questo “sentire” a volte mi faceva star più male, che bene. 

Percepivo i dispiacere altrui, che magari in realtà , mi dicevo , erano solo frutto della mia immaginazione. 

Ed è così, che pian pianino si è fatto spazio dentro di me il mio giudizio interiore, il mio sabotatore, che dall’interno mi gridava “Ma che cosa vuoi sentire?” ..”Ma chi ti credi di essere?” “Rischi di star male per un’ altra persona, che magari male non sta !” . 

”Smettila di soffermarti, la vera vita è un’altra, svegliati!” . 

Ed è così che ho sabotato il mio “essere” , non l’ho più ascoltato. 

Per tanti anni ho sostenuto che la vera vita fosse: andare a scuola, prendere bei voti, essere una brava figlia, una compagna fedele. 

Prima il dovere poi il piacere , “voglio” non si dice, prima gli altri e poi me. 

Tutti quei bei introietti che inconsciamente cerchiamo di digerire durante la nostra esistenza. 

Jung affermava che tutti noi nasciamo come una sfera luminosa, e crescendo andiamo via via ad oscurare con tutti i “ Non si può, non si deve, non ce la farai, non ce la farò mai…”, passando poi il resto della nostra vita a cercare di recuperare la nostra Luce. 

Cita Jung : “Il viaggio più difficile di un essere umano è quello che lo conduce dentro sè stesso alla scoperta di chi veramente egli è “ Carl Gustav Jung 

In quel momento per me è il giudizio a farne da padrona, a discapito di quello che davvero “sentivo” giusto per me. 

Ne emerge così’ un forte attaccamento verso il mondo esterno, verso il giudizio esterno. Sono brava se me lo dice qualcuno dall’esterno, sono bella se me lo dicono dal di fuori . 

Io non mi vedo, io non mi sento. 

E pretendo che siano gli altri a capirmi, a sostenermi, e se ciò non accade, allora mi lamento, batto i pugni come una bambina capricciosa, e piango, accusando che nessuno mi capisce. 

Dinamiche infantili , che solo più avanti capirò di cosa si tratta, ma ora non mi ascolto ho deciso di soffocare il mio “essere”. Ritengo, inconsciamente, che la colpa delle mie sofferenze o delle mie insoddisfazioni o anche della mia felicità dipendono da altri, da eventi e persone esterne. 

E così cresco, maturo, persona ben organizzata, fedele, leale, nella convinzione che solo se piaccio agli altri potrò essere vista e riconosciuta come una bella persona. 

E’ grazie agli altri, e’ merito degli altri. 

E io, dove sono? Che cosa voglio veramente io ? e soprattutto, come mai a distanza di tanti anni, ora, questa domanda? 

E’ di nuovo “lui”, il mio vero “essere” che sta riemergendo, il mio daimon interiore , come lo definisce J.Hillman ne “Il codice dell’ anima”: quella forza, quella vocazione, quel fuoco interiore che arde dentro a ciascuno di noi e che spesso abbiamo paura di ascoltare, di far splendere, perchè ci spaventa tanto è potente. 

Che cosa voglio davvero? Voglio dar voce al mio “sentire”, voglio tornare in comunicazione con me stessa, con le persone, con le persone in difficoltà, con me stessa in difficoltà. 

Io lì voglio stare, io lì voglio esserci. 

Sento nuovamente il cuore battere forte, sento che mi sto emozionando, le lacrime si fermono negli occhi ed è l’ulteriore conferma che è lì dove voglio stare. 

Il nostro corpo , il nostro non verbale, ci parla più chiaramente di tutte le nostre parole. 

Ed è a questo punto che mi avvicino alla scuola di counseling relazionale. 

Faccio una ricerca su internet, e per caso , sapendo che nulla è per caso, sul motore di ricerca lampeggia un avviso: “Apertura nuova sede ad Ivrea!” . E’ mia. 

Sono trascorsi tre anni da quel primo incontro, anni in cui ho imparato a mettermi in discussione , in cui ho imparato a liberarmi dai miei giudizi e pregiudizi, in cui ho imparato prendere consapevolezza , ho imparato a supportarmi , e a stare con quello che ho. 

Lavorando su di me ho potuto interfacciarmi diversamente anche con gli altri, ricercando un dialogo costruttivo, ascoltando, andando in verifica dei miei e degli altrui atteggiamenti. Imparando anche a mettere dei paletti, dove ritenessi funzionale per me farlo. 

Ho conosciuto il valore del stare nel “Qui ed Ora”, quietando le mie ansie, vivendo il momento presente. 

Se sto lucidando il mio lavello in cucina, percepisco lo strofinaccio sotto le mie mani, sento l’odore del detergente, provo soddisfazione nel vederlo asciutto e lucido. 

Se parlo con i miei figli, mi metto alla loro altezza, guardandogli negli occhi, li ascolto, li sento, sono li’ con loro, con quello che mi vogliono comunicare, sento le loro emozioni, sento le mie di emozioni e ci respiro dentro, senza distrazioni da quello che è stato ieri , da quello che sarà domani, sono li’ a vivermi il momento presente, sono nel Qui e Ora. 

“Che cosa sento? “ , “Come sto in questo momento ?”, “Che cos’è giusto per me ?” sono le domande che ho imparato a farmi. 

Accogliendo tutte le mie emozioni: le mie paure, la mia rabbia, le mie vergogne, il mio piacere, la mia creatività, la mia sensibilità. Senza giudicarle. 

Sono parte di me, sono parti da sostenere, e sono anche le mie risorse! 

Ora posso permettermi di dire “io voglio “ ! Il devo mi offusca, il voglio mi attiva. 

Mi si è aperto un mondo quando ho finalmente capito che la responsabilità è MIA ! E non del mondo esterno. 

La mia abilità a rispondere agli eventi è potentissimamente MIA ! 

IO ho la responsabilità di decidere come reagire ad un evento e che cosa voglio farne! 

Puo’ sembrare assurdo, ma anche davanti ad un’offesa, ad un torto subìto, ho io la responsabilità di azione. Non sono certo responsabile dell’esistenza del male. 

Sono responsabile di ciò che ne faccio del male subìto. 

La scelta è mia. 

Posso decidere di continuare a crogiolarmi nel risentimento, o posso decidere di perdonare, sentendomi libera e consapevole di esserlo. 

Questo è cio che voglio! Questo è ciò che sento!