Tesi di Diploma Artemisia – di G.C.
“Chiudete gli occhi o, se preferite, abbassateli e fate tre respiri lenti e profondi”….Ok, ora devo respirare. Lo faccio sempre, nulla di nuovo. Inspiro col naso ed espiro con la bocca, sì giusto. Caspita, il gatto fuori miagola, forse vuole entrare…*primo respiro*….che poi non sono mai nemmeno stata allergica al pelo del gatto ma ora mi prude il naso, non capisco…*secondo respiro*…nooo la pancia che brontola, che figura! “State sul vostro respiro e se sentite particolari tensioni concentratevi su di esse”…Ora, scherzi a parte, sto sul mio respiro…mi stanno dicendo di farlo ed è giusto che io eseg…Nooo! La lavatrice, mi sono dimenticata di attaccarla! Va bè tanto domani c’è il sole e asciuga in fretta…ma perché la gente non spegne i cellulari durante la meditazione?! Lo sanno tutti che bisogna fare silenzio. No non ti accetto nemmeno la vibrazione. Cioè assurdo…Ops! Cos’ha detto? Cosa devo immaginare? Ecco non posso nemmeno chiederlo…e va bè…mi immagino…Sì devo proprio prelevare dopo se no non ho contanti. “Quando siete pronti riaprite lentamente gli occhi”…Oh fantastico, grazie cervello per avermi fatto fare una pessima meditazione. E ora che dico? Che ho deciso di meditare su tutto ciò che avrei dovuto fare e che non ho fatto? Va bè….vada per la verità… ”Non sono riuscita a meditare, pensavo continuamente a qualcosa”. Ed eccolo qui il primo incontro col SILENZIO: niente convenevoli, totale indifferenza e un giudizio forte, completa inutilità.
Tocca al grafo “rappresentazione grafica della vostra personalità, funzionale ad inizio percorso” Rispondo al questionario. Excel fa la sua parte, lui e le sue funzioni intelligenti. Et voilà…l’immagine della mia personalità: un ottagono seriamente mutilato, ricco di MOTIVAZIONE , CARISMA ma senza l’ombra di TRANQUILLITA’. Mi disturbava quell’immagine disallineata ma nessuno avrebbe potuto renderla omogenea, solo io. Più che disturbarmi, mi dispiaceva. Se non sono tranquilla io, come posso far tranquillizzare gli altri? Le altre mie risorse potevano essermi d’aiuto, è questo che mi ha insegnato il grafo: creare quello che non c’è con quello che c’è. Provare a partire dalle piccole azioni quotidiane sarebbe stata la strada più utile. Certo che però…..’na faticaccia!
E’ così che sono entrata nella scuola. Solo due giorni prima era terminato il mio contratto di lavoro e con esso una relazione durata due anni. Nonostante l’avvilimento, sentivo profumo di novità. Andavo sempre a 100 km/h, più grande era la delusione, più grande il cambiamento. Sebbene le buone intenzioni ci fossero…io, però, non sapevo meditare. Non riuscivo a fermarmi, non mi rendevo conto che il mio respiro fosse solo una piccola introduzione affannata di ossigeno e nient’altro. Nonostante il mio cervello elaborasse pensieri da far invidia ad una catena di montaggio, quel giorno l’avevo percepita quella piacevole sensazione. Parlavo, parlavo con me stessa e cercavo di seguire le indicazioni come una buona studentessa. Arrivavo dalla teoria, tanta teoria ma ora mi stavano chiedendo tutt’altro. Sarei stata solo io il centro di questo nuovo percorso, dovevo finalmente portare fuori. Per me non era facile scendere nel profondo, la paura di trovarci chissà che cosa mi bloccava e procedevo nella mia vita senza pormi troppe domande. Lavorare su se stessi? Roba da illuminati. Tunica rossa, rasatura ed occhi a mandorla…ecco la mia immagine di pace interiore. Un film lontano dal quale mi mantenevo a debita distanza. Ma ormai ero lì, l’avevo scelto io. Una sfida grossa…tanto valeva provarci.
Con il passare del tempo cominciavo a capire che il mio reflusso gastrico non era solo figlio di una cena pesante e che non era sempre colpa degli spifferi se avevo male alla cervicale. Il mio corpo mi parlava da una vita e io non facevo altro che colpevolizzare gli eventi esterni. Anche gli eventi mi parlavano da una vita ma ero troppo impegnata a lamentarmene. Insomma…la mia parte giudicante lo definisce un completo disastro, quella evoluta un terreno fertile su cui poter innestare i semi della consapevolezza. Ad oggi ricordo con affetto ogni singolo evento di questi tre anni; sono felice di essermi messa in gioco ed essere entrata in contatto con le mie paure. Ho pianto, ho riso, ho di nuovo pianto. Ho preteso di capire subito, me ne sono lamentata e poi finalmente mi sono data del tempo. Questa forse è stata una delle mie più grandi rivelazioni: il Tempo. Ho sempre avuto fretta di raggiungere obiettivi senza riuscire a gustarmi del tutto la soddisfazione della vittoria, questo causava conflitto.
Pronta per me una nuova parola: Integrazione. Parte di luce e parte di oscurità che si fondono insieme senza diventare nemici; risorse l’uno per l’altra. Ed ecco che la mia più grande nemica, la fretta, madre dell’ansia, ha cominciato pian piano a non apparire così rigida ai miei occhi. Forse potevo utilizzarla senza esserne in balia. Forse poteva essere, a sua volta, imparentata con la Determinazione. Un primo anno intenso in Artemisia: attività, lezioni e un percorso esperienziale importante. Età diverse intorno a me che mi hanno regalato punti di vista mai considerati, molto diversi ma con un obiettivo comune: la Consapevolezza. E poi i due anni successivi. Finalmente il Tirocinio: faccia a faccia con le difficoltà altrui. Ammetto, inizialmente facevo fatica a capire l’utilità del Silenzio nel colloquio ma poi ho cominciato a ritenerlo fondamentale. Le persone accolte dal silenzio e dall’ascolto attivo si lasciano andare e regalano informazioni che nemmeno un’attenta indagine potrebbe dare. L’ansia da prestazione e il bisogno di dare soluzioni immediate sono state per me le prime difficoltà ma è stato rivelatore capire veramente cosa significasse accompagnare il cliente nell’attivazione delle proprie risorse. Il tirocinio online…un’iniziativa importante con focus sulla comunicazione e il linguaggio. Ad oggi mi rendo conto di quanto sia importante ogni parola che diciamo nelle relazioni interpersonali, di quante interpretazioni possano nascere da esse e quanto la sfera paraverbale le confermi o le neghi. Ho imparato a stare con quello che ho. Ho imparato che il cambiamento parte solo da se stessi. Ho imparato quanto sia bello accogliere il pianto di una persona senza dirgli “non piangere”. Ho imparato che ognuno ha i suoi tempi. Ho imparato, sì, ho imparato a riconoscerli ma credo sia un po’ come andare in palestra, l’allenamento è fondamentale.
Mi capita di farmi ancora rapire dalle vecchie dinamiche, ritrovarmi nella triade della lamentela – pretesa – accusa, di mettere in atto comportamenti che alimentano solo il mio Ego senza portare a nulla ma la sostanziale differenza, oggi, è sapere di aver appreso strumenti che permettano il cambiamento. Riconosco la mia parte oscura, tanto odiata, e riconosco che errare è umano. Non è stato facile comunque questo percorso: tre anni di lavoro costante dove il sentito ha avuto la priorità anche se non sempre ero predisposta a dargli spazio. Convegni, incontri, lunedì sera di totale assenza di energia, domeniche di sole e di sedie a semicerchio fino ad arrivare al Residenziale di un anno fa. Una resa dei conti, con me stessa e con gli altri. Il tutto accompagnato da una cornice naturale fatta di respiri e meditazioni. Avrò sempre un bel ricordo di quel week end, delle risate e dei pasti preparati dalle cuoche. In tre anni nella mia vita sono cambiate molte cose: sono riuscita ad ottenere il contratto tanto desiderato in una nuova azienda; una relazione che mi arricchisce e mi insegna ogni giorno; una casa e un nuovo diploma.
Sono felice di essere qui questa sera con le persone che più mi hanno accompagnata in questo percorso. Arianna, fondamentale; boa sempre presente nel mare del cambiamento. Grazie per essere stata premurosa e attenta e non aver mai lasciato al caso i miei momenti di difficoltà. Grazie per avermi fatto capire l’importanza del respiro, della pancia, dell’assenza di giudizio, dell’accoglienza e della consapevolezza. Grazie ad Anna Maria, che mi ha insegnato l’importanza della curiosità non fine a se stessa, dell’accreditamento e della comunicazione efficace. Grazie ad Irene che ha mantenuto vivo il mio entusiasmo per l’arte, che ha accompagnato con colori, suoni e movimento il mio apprendimento. Grazie a Fabiana che dal primo giorno di Università non mi ha mai lasciata: un’amica, una sorella sempre presente e pronta a sostenermi senza mai giudicarmi. Sei e sarai Il mio punto di riferimento. Questo è un altro traguardo insieme. Grazie a Teresa e Daniela, le mie sorelle maggiori, compagne di risate e di insegnamenti. Siete state le mie certezze e miei angeli custodi. E poi ringrazio la mia famiglia che ha sempre sostenuto le mie scelte. Grazie a Davide, il mio compagno, che ha sempre capito quanto valesse per me questa formazione e mi ha sostenuta anche quando gli impegni ci dividevano nell’unico giorno a noi dedicato. Hai vissuto le mie gioie, le mie soddisfazioni e i miei malumori…quindi in fondo questo diploma è anche un po’ tuo. Ringrazio tutti i docenti e tutti i membri della scuola che hanno impreziosito il mio percorso; ringrazio i clienti che hanno riposto fiducia in me e mi hanno permesso di condividere le loro difficoltà. Ma soprattutto ringrazio me stessa. Ho 26 anni, tante cose da realizzare ma so di partire con il bagaglio “Artemisia” e di potere, quindi, orientare le mie vele.