Istituto Artemisia

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PROFESSIONISTA OLISTICO

La prima cosa che mi viene in mente di scrivere è che sono una farmacista. E’ strano come noi ci identifichiamo con ciò che facciamo nella vitae nel mio caso con la mia professione. In realtà non ho mai voluto essere una farmacista ed è proprio da qui che inizia il mio racconto. Ho studiato farmacia perché figlia di farmacisti, con una farmacia di famiglia e quindi con il lavoro subito pronto appena laureata. Ho cercato di oppormi ma mi sono fatta convincere dal fatto che appena laureata avrei lavorato subito. E’ stato pesante studiare materie che non mi piacevano e appena terminati gli studi decisi di fare il mio lavoro in maniera un po’ diversa.

Ho sempre cercato di specializzarmi in qualcosa che mi appartenesse, ma non sapevo cosa.

Un giorno Arianna, la sorella di una mia cara amica, mi chiese di fare una lezione sui farmaci ansiolitici e antidepressivi per la sua scuola di counseling. Ma cosa sarà mai questo counseling mi domandavo.

Ascoltare e sostenere le persone in difficoltà. Interessante: forse poteva essere proprio quello che cercavo per fare in maniera diversa la farmacista; poteva anche diventare una nuova opportunità di lavoro. Non avrei mai pensato però che diventasse uno strumento per cambiare me stessa.

Avevo già conosciuto quella che sarebbe diventata la mia classe il giorno in cui mi sono presentata e ho spiegato come avrei fatto la lezione si farmaci. Arriva il giorno della lezione. Mi sono sentita a mio agio seduta in cerchio con la classe anche se ero tesa e un po’ preoccupata per la mia lezione. Andò tutto bene e da quel momento decisi di iniziare il mio percorso per diventare counselor.

La prima grande difficoltà è stata imparare a stare zitta, ma soprattutto saper ascoltare. Mi ricordo che ogni tanto Arianna interveniva e questi stop sono stati importanti. Nell’ascoltare mi si è aperto un mondo. Quanto arricchimento nel sentire le esperienze altrui, diversi punti di vista, storie diverse. Ho imparato a rispettare le opinioni diverse dalle mie e soprattutto a non sottovalutare i problemi altrui.

Quando assistevo ai colloqui, pensavo che non sarei stata mai capace di sostenere i silenzi, gli sguardi e i racconti di un’altra persona. Nel frattempo, mentre frequentavo la scuola, ho cambiato stile di vita. Grazie a questo e alla scuola sono riuscita a comprendere cosa non volevo, ma soprattutto cosa volevo fare. Voglio: una parola magica. Non l’avevo mai usata, ho sempre avuto tanti devo: devi fare questo, devi fare quello. In realtà non mi ero mai soffermata a pensare a cosa volessi veramente.

Grazie alla scuola ho imparato ad ascoltarmi e a capire cosa era importante per me. Avevo sempre più nostalgia della mia casa al mare, a Stintino, la mia scatola dei ricordi. Ogni volta che, terminate le ferie, ripartivo dalla Sardegna era uno strappo al cuore, mi sentivo come una piantina che viene sradicata. E così presi la decisione: fare la farmacista a Stintino. Il lavoro era sempre lo stesso, ma lo facevo in un posto che mi piaceva. Una grande risorsa, usare il lavoro per riuscire a fare quello che ho sempre voluto. Risorsa: un’altra parola magica. Non pensavo di avere questa capacità, ma non è proprio questo il compito di un counselor? Il primo passo è diventare counselor di se stessi e qualcosa mi stava succedendo. Volevo vivere al mare, ma non volevo rinunciare alla mia vita a Torino. Ma come potevo fare con la scuola? All’inizio non è stato facile, mi sentivo divisa a metà. Era come se avessi due vite completamente diverse e solo adesso mi rendo conto che sono in realtà complementari.

Ritornando alla scuola, nei mesi invernali Arianna mi dava la possibilità di frequentare tutte le classi. La cosa positiva era conoscere tutti i compagni delle diverse classi. Ero contenta ma anche un po’ triste quando qualcuno si diplomava ed io mi sentivo sempre un po’ indietro. Avevo la sensazione che non avrei mai finito. Mi ricordo le difficoltà nei primi colloqui, e in particolare uno di questi che ha determinato la mia svolta: un colloquio con una compagna di corso.

Ho sempre preteso tanto da me stessa, tutto doveva essere sempre fatto al meglio. Mi sono sempre giudicata, sgridata. A un certo punto del colloquio mi sono resa conto che avevo sbagliato perché non avevo capito il problema della mia cliente. Ho avuto un attacco d’ansia e non riuscivo più ad andare avanti. Cosa mi stava succedendo? A quel punto ho pensato: ma per quale motivo devo stare così male solo per aiutare gli altri? Dopo tanto tempo e tanto lavoro avevo superato i miei stati d’ansia. Ero stata molto male dopo la fine del mio matrimonio e mi ero ripromessa che non sarei più stata male per nessuno. E adesso mi sembrava di essere tornata al punto di partenza. Ero quasi decisa a non continuare più il mio percorso nella scuola. Arianna ha subito capito la mia difficoltà, mi ha sostenuto e mi ha fatto ragionare sul fatto che si può sbagliare, che non dobbiamo pretendere troppo da noi stessi. In realtà non era successo niente di così grave e alla fine non era poi detto che mi fossi sbagliata su quale fosse il vero problema della cliente. In quel momento c’è stata la svolta: ho iniziato cioè a capire che dai propri sbagli e difficoltà si può crescere. E così decisi di proseguire il mio percorso e andare avanti. Da quel momento riuscivo ad affrontare i colloqui con maggiore serenità, grazie anche al fatto che avevo acquisito nuovi strumenti e avevo capito come superare le difficoltà.

C’è stato poi un momento molto bello, che mi ha fatto cambiare il modo di affrontare certe situazioni. E’ avvenuto durante un modulo. La classe era stata divisa in tre gruppi e io non avevo voglia di scegliere in quale gruppo andare. Nella vita ho sempre scelto io cosa fare ma in quella situazione ho pensato: “Vediamo cosa succede se non faccio niente e aspetto di essere scelta.” E così mi sono messa da parte. Osservavo i volti dei miei compagni con curiosità: in qualcuno c’era indecisione, in qualcun altro c’era preoccupazione o indifferenza. A un certo punto, qualcuno, che chiamerò il principe azzurro, è uscito da gruppo mi è poi venuto incontro e abbiamo fatto un unico cerchio.

In quel momento ho capito l’importanza di saper aspettare, prima o poi qualcuno vedrà in te qualcosa che probabilmente tu non sai di avere e ti sceglierà. E’ stato molto bello e mi ha fatto sentire più sicura di me stessa. Prima ho detto che mi sono sentita come Cenerentola l ballo.

Ecco, una favola. Un altro strumento. Ognuno di noi ha la sua favola e la mia è Cenerentola. Per me Cenerentola non è una favola d’amore. A Cenerentola non interessa il principe azzurro, lei vuole andare al ballo. E’ il suo sogno, il suo desiderio più grande. Nonostante tutte le difficoltà, le invidie e le gelosie, grazie alle sue risorse e all’aiuto della fata turchina, riesce comunque ad andare al ballo. La fata è qualcuno che ti aiuta a trasformare una zucca in una carrozza e i tuoi abiti ridotti a stracci in un vestito bellissimo. E’ proprio la mia favola: i vestiti vecchi sono stati sostituiti e tutte le risorse che erano nascoste si sono trasformate in strumenti che mi hanno permesso di incontrare adesso nella vita ciò che desideravo.

Ora ho finito la scuola ma il mio percorso è solo all’inizio.

Posso solo dire di nuovo “c’era una volta” e iniziare un’altra storia.

Grazie a tutti, grazie per avermi sostenuto nei momenti tristi, grazie per il vostro affetto, grazie per avermi fatto sembrare sei mesi solo pochi giorni. Grazie ai miei clienti, che mi hanno permesso di fare tirocinio. Tutto questo mi mancherà moltissimo, anche se vorrei rimanere all’interno della scuola non più come allieva, ma in un’altra veste.

Grazie soprattutto ad Arianna che ha visto in me delle risorse che non pensavo di avere, ma che ora, con il suo aiuto, fanno parte della mia vita.