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Convegno: “Identità professionali a confronto, il counseling professionale in Italia, Stati Uniti, Regno Unito”

Assocounseling, Firenze 9 ottobre – Verona 10 ottobre 2013

Articolo di Irene Mazzini e Anna Maria Angeramo

 

Il convegno è nato dall’esigenza di un confronto internazionale all’interno del counseling, considerando arricchente conoscere le varie differenze di formazione, certificazione ed ambiti lavorativi.

A tal fine sono state descritte le realtà statunitense, del Regno Unito e italiana, attraverso gli interventi di Theodore P. Remley, Philip Georgiou e di Tommaso Valleri.

 

Theodore P. Remley – Dept. Counseling and Human Services, Old Dominion Un. Virginia (USA)

 

In Italia tutto ciò che riguarda la “psiche” nasce nell’800 ed ha una forte natura psicoanalitica. Perciò tutte le scuole di psicoterapia che si distinguono dalla psicoanalisi sono private.

Una delle differenze principali del counseling dalla psicoterapia è la centralità del cliente: è il cliente che, stando sullo stesso piano del counselor, decide i tempi, mette in campo le sue emozioni e ha l’autocapacità di sciogliere i propri nodi. Per questa sostanziale differenza con la psicoanalisi in Italia le scuole di counseling sono private.

Facendo un paragone tra la formazione in USA e in Italia possiamo dire che:

1)      negli USA la formazione avviene nelle Università pubbliche e la NBCC fornisce gli stan dard formativi, in Italia in scuole private;

2)      negli USA il percorso scolastico è a tempo pieno per due anni (molto spesso i counselor negli USA sono psicologi che non sono in possesso di un master, per cui non possono esercitare come psicologi secondo la normativa), in Italia è a tempo parziale per una formazione totale di tre anni;

3)      negli USA non è obbligatorio il percorso personale per gli studenti, ma, dato che un valore fondamentale del counselor è il senso di responsabilità, gli studenti sono responsabili del loro percorso di crescita personale. Inoltre gli studenti non fanno il percorso personale con i loro insegnanti, ma si rivolgono ad altri counselor. In Italia, invece, il percorso personale è obbligatorio e deve essere fatto con un trainer counselor che abbia la stessa formazione teorica della scuola che frequentano (può essere anche un loro trainer).

In USA si insegnano tutte le teorie, mentre in Italia ogni scuola ha il suo indirizzo.

Al di là del contenuto, però, la formazione statunitense non è diversa da quella italiana, se consideriamo che in USA la formazione è di due anni a tempo pieno oltre al master, in Italia è di tre anni a tempo parziale oltre la specializzazione: in futuro in Italia potrebbe essere possibile creare una formazione simile a quella americana. Inoltre, già adesso sia in USA che in Italia sono richiesti ai counselor degli standard formativi, che sono una garanzia di qualificazione professionale.

 

L’ambito lavorativo del counseling in USA si esplica in quattro settori: “decisioni curricolari”, “ricerca”, “testing” e “multiculturale”, in Italia si esplica soprattutto nel settore sociale, scolastico, comunque di sostegno al cliente. In entrambi i paesi il counseling non si applica al settore clinico, ma è sempre rivolto al miglioramento della qualità di vita (del ben-essere) del cliente.

Rispetto all’Italia, che è il primo paese europeo in cui il counseling ha ottenuto il riconoscimento governativo, in USA il counseling deve vincere la sfida di creare lavoro esclusivamente di counseling.

 

Philip Georgiou – Accredited Psychotherapist UKCP/MBACP, Accreditato Assocounseling

 

Il counselling in Inghilterra non è regolamentato così come per gli psicologi: di qui nasce l’assenza di conflittualità tra le due figure, anche perché appartengono allo stesso elenco di professionisti, la differenza tra psicologi e counselor è sul piano formativo.

La formazione in counseling ha durata di 2-3 anni, è privata e, pertanto, finora è stata appannaggio delle classi benestanti. A seguito del riconoscimento del counseling da parte del servizio sanitario nazionale, però, adesso sono stati erogati contributi per la formazione in scuole pubbliche.

L’ambito lavorativo in Inghilterra si esplica principalmente in quattro settori: “studio privato”, “centri sanitari”, “scuole” e “EAP (Employee Assistance Program)=Programma Assistenza Dipendenti”. In particolare in questo ultimo settore è il datore di lavoro che sponsorizza il servizio attraverso consulenze telefoniche (sono linee telefoniche attive 24/24) sia su problemi emotivi che su problemi pratici, oppure attraverso 6-8 sessioni con un counselor.

Il counseling è a servizio della società e pertanto la nuova sfida è quella di formare counselor per un loro intervento anche al di fuori del contesto del setting tradizionale.

 

Dato che Philip Georgiou da anni opera in Italia e conosce la realtà italiana, ritiene opportuno, per presentarsi come counselor, fare presentazioni, workshops ed eventi focalizzati su temi specifici (ansia, stress, lutto ecc.) per poi introdurre il counseling.

 

Tommaso Valleri – Segretario Assocounseling, Accreditato Assocounseling Trainer Counselor

 

Dai precedenti interventi è stato evidenziato come in Italia la formazione per le professioni di aiuto sia sempre stata fornita da scuole private e ad oggi non esiste un percorso standard di formazione, né privato nè, tantomeno, universitario. Considerando la società e la cultura italiane il counseling in Italia si svilupperà conservando le caratteristiche che orientano la figura verso il settore sociale-educativo rispettando la tradizione socio-pedagogica italiana.

E’ importante che il counseling sfondi in quei settori in cui la psicologia e la psicoterapia non hanno sfondato.

Per dare visibilità al counseling il primo passo è dare una definizione di counseling non per difetto (ossia “il counseling non è….”), il secondo passo è descrivere gli atti che caratterizzano il counseling ed, infine, il terzo passo è definire i livelli di accreditamento per vari ambiti di intervento, così si sottolinea che il counselor ha una soggettività.

 

La legge n. 4/2013 riconosce la figura del counselor inquadrandolo in una cornice legislativa di intervento, ma lasciando alla sua responsabilità personale la sua operatività su ampia scala.

Si può dire che la legge n.4/2013 si rifà ad un modello misto anglo-americano, perché riprende il valore della non regolamentazione (inglese), in quanto è l’Associazione di categoria che si occupa di accreditamento professionale, e il valore della differenziazione professionale (statunitense); infatti la legge non ha riconosciuto né regolamentato la professione, ma ha fissato il principio per cui l’esercizio della professione è libero (rifacendosi al Codice Civile).