Istituto Artemisia

ISTITUTO

Counseling Relazionale Istituto Artemisia

COUNSELING

Coaching Istituto Artemisia

COACHING

Sostegno Istituto Artemisia

SOSTEGNO

Crescita personale Istituto Artemisia

CRESCITA PERSONALE

Operatore olistico Istituto Artemisia

PROFESSIONISTA OLISTICO

Breve dissertazione sul significato dell’empatia nella vita attuale

“Il tuo problema è che sei troppo empatica!” oppure “Lavorare con lui è impossibile! Non è per niente empatico!”.

Mettiti nei miei panni - empatia

L’aggettivo “empatico/a” con il sostantivo da cui deriva, “empatia”, è entrato nel comune parlare quotidiano.

Sono tante le domande che possiamo farci: cosa significa davvero “empatia”? L’empatia è una dote innata o può essere appresa, coltivata e allenata? Esiste la possibilità di definire un “gradiente” personale di empatia? L’empatia è un tratto positivo della personalità, cioè un elemento che favorisce la propria evoluzione o, piuttosto, un germe di disagio? Ancora: quali sono i comportamenti osservabili che fanno apprezzare la presenza di empatia nell’altro o gli stati d’animo connessi all’empatia che si provano in sé stessi?

La parola “empatia” viene spesso messa in relazione con la parola “simpatia”, ma proviamo a definirne la diversità di significato: provando “simpatia” ci si affianca all’altro, si “sta con l’altro”, simpatia implica provare le stesse emozioni di qualcuno condividendo una reazione emotiva comune. Il rischio è di assumere una posizione partigiana dandogli sempre ragione! Invece, sentendo “empatia” ci si mette nei panni dell’altro, si riconoscono le sue emozioni e i suoi sentimenti senza necessariamente condividere l’interpretazione delle circostanze o dei fattori che li hanno provocati.

Numerosi studi sull’età evolutiva dimostrano che già entro il primo anno di vita i bambini vengono turbati dalle manifestazioni di sofferenza di altri individui e, se sono in grado di agire, sono portati a intervenire per alleviarle:

Il bambino di una vicina piange… e Jenny si avvicina e prova a dargli dei biscotti. Lo segue e comincia a piagnucolare anche lei. Poi cerca di accarezzargli i capelli, ma lui la respinge… Il bambino si calma ma Jenny sembra ancora preoccupata. Continua a portargli giocattoli e a battergli amichevolmente la manina sulla testa e sulle spalle.” (Dal diario di una madre riportato da Goleman)

Sono questi i primi germi di empatia che, con la crescita, possono prendere direzioni diverse a seconda del supporto che ricevono dagli adulti educatori. Il bambino in crescita, sollecitato dai genitori a comprendere le sofferenze altrui e a mettersi nei panni dell’altro, svilupperà pian piano una serie di risposte empatiche che lo spingeranno ad aiutare le persone in sofferenza: dunque, l’empatia è una dote innata, certo, ma anche una dote che può essere coltivata e allenata.

Lo sviluppo dell’empatia corre, necessariamente, di pari passo con lo sviluppo della consapevolezza del proprio mondo interiore: quanto più si è coscienti delle proprie emozioni, si sa riconoscerle e verbalizzarle, tanto più si è in grado di riconoscere quelle altrui. La persona empatica è una persona capace di gestire il proprio mondo emotivo e in grado di manifestarlo con mezzi simbolici: il linguaggio verbale, prima di tutto, ma anche quello non verbale fatto di sguardi, espressioni, posture.

Una persona dotata di empatia sa porsi in ascolto attivo, un ascolto che restituisce all’interlocutore messaggi di accoglienza e comprensione, sa assumere il punto di vista altrui senza sentimenti di sopraffazione.

I tratti elencati sono elementi che danno qualità alla vita della persona che coltiva empatia: le relazioni personali, familiari e sentimentali se ne avvantaggiano, ma anche quelle lavorative.

Ed ecco dunque l’altra risposta: l’empatia fa stare meglio chi la pratica e chi la sente intorno a sé!

Si potrebbe allargare l’orizzonte alla dimensione sociale dell’empatia, al comportamento nella nostra vita civica quotidiana.  Pensiamo ad una situazione di violenza e a quante volte, troppo spesso, si assiste e non si interviene prontamente a favore della vittima. L’aumento dell’empatia tra le persone, potrebbe rappresentare la base del miglioramento dello stare in comunità, aiuterebbe a favorire l’integrazione del diverso.

Concludendo, si può essere così tanto empatici da “stare male”? Si potrebbe rispondere di no!

Se si prova disagio nell’ascoltare i sentimenti altrui vuol dire che forse non si tratta di “empatia” ma di “simpatia”, ci si fa carico, in modo sproporzionato, del dolore altrui. Lascio ad altri, più esperti, la possibilità di trovare la risposta sul senso del malessere che si può innescare nel percepire con disagio le emozioni altrui.

E si può star male a causa della scarsa “empatia” di qualcun altro?  Se non si è empatici non si riesce a vivere e condividere le emozioni proprie ed altrui. La persona poco empatica   arriva a “spegnere” le relazioni affettive ed emotive; è importante saper mettere una distanza da questo tipo di persone per poter salvaguardare il proprio prezioso mondo interiore.

 

Giusi Maria La Rosa corsista di Artemisia