Parto dalla fine: con cinque chili che dormono avvinghiati a me nella fascia mentre passeggio per casa, dondolandola, e cercando le parole giuste per raccontare il mio “caso di successo”…
La nostra storia nasce cinque anni fa, quando abbiamo deciso di allargare la nostra famiglia. Dopo diversi tentativi e i soliti classici esami di routine, abbiamo iniziato il durissimo percorso dell’inseminazione.
Abbiamo fatto dapprima una FIVET che è andata a buon fine; purtroppo dopo sette settimane il sogno si è interrotto.
A questo punto ci è crollato il mondo addosso.
Difficile, a 35 anni, non sentire l’orologio biologico che ogni mattina, quando ti guardi allo specchio, ti martella la testa… Difficile andare al supermercato e non cambiare corsia quando vedi qualcuno con un passeggino… Difficilissimo non provare invidia, forse anche odio (mi vergognavo ad ammetterlo) nei confronti delle donne col pancione… Mi sono sentita egoista e cattiva, perché realmente le odiavo quelle donne, perché per la prima volta nella mia vita l’invidia era talmente forte da superare qualsiasi altra emozione.
Quante volte ho battuto, metaforicamente e fisicamente, la testa contro il muro! Ho cercato di buttare via tutto in un circolo vizioso di autodistruzione: il mio fisico, ingrassando di 10 chili; la mia relazione, diventando antipatica, sempre triste, arrabbiata, stressata, egoista: una persona che non vorresti sicuramente avere accanto.
Come se mio marito non avesse perso niente…
Invece lui mi è stato accanto sempre, mi ha tirato per le orecchie e ha aspettato: “puoi fare di tutto ma io non ti lascerò mai!” diceva.
Nel frattempo sono continuati i tentativi: la seconda volta con la ICSI, la terza volta con il protocollo lungo; insomma ogni volta sempre qualcosa di diverso. Ogni volta una lunga attesa per tutte le risposte che durante il trattamento devi avere: quante uova, quanti embrioni, quanti ne sono sopravvissuti dopo 1 giorno, dopo 2 giorni, quanti ne impiantiamo, e poi sempre la risposta più negativa dopo 14 giorni..
Uno stillicidio continuo…
Abbiamo fatto i tentativi uno dietro l’altro come se davvero quell’orologio biologico ci rincorresse, con sempre più stress e quasi in modo incosciente e concitato.
Poi abbiamo detto basta e ci abbiamo riprovato dopo qualche vacanza in giro per il mondo. Al quarto tentativo abbiamo fatto 4 embrioni: ne abbiamo impiantati tre (!). Sono stata a letto e mi sono concentrata, quasi come una gallina, nel covare i miei 3 embrioni.. Dopo 14 giorni di nuovo la solita risposta.
A quel punto, dopo aver fatto l’ennesima vacanza, ho iniziato forse a farmene una ragione, a pensare che davvero la nostra vita doveva prendere una strada diversa. Però rimaneva un embrioncino congelato, il più sfigato, ma che per legge bisognava impiantare. Così abbiamo fatto; questa volta però non sono stata a covare, non ci credevo assolutamente: 3 embrioncini a fresco nulla, vuoi mica che uno congelato possa “attecchire”? Sono addirittura andata in motoslitta con mio papà, ignaro come tutta la mia famiglia di questo mio ultimo tentativo.
La fine l’ho già scritta all’inizio. Si chiama Alice, come il mio secondo nome.
Ho conosciuto parecchie donne, sia amiche che estranee, e ho capito che il percorso, la sofferenza, le emozioni, sono tutte uguali. Il difficile dell’inseminazione non è il pickup, il transfert, le punture o l’anestesia (vi posso assicurare che non sono nulla in confronto al dolore del parto!!!), ma tutte le attese, le emozioni e le maledette risposte del percorso.
Ho scoperto anche che purtroppo questo argomento, sia all’interno della coppia stessa, sia nei confronti della società, è un argomento tabù . Quasi fosse un problema di cui vergognarsi.
Per fortuna almeno questa sensazione noi non l’abbiamo mai provata e quando è nata Alice ho deciso di condividere la mia esperienza, il mio caso di successo J, con tutte le donne e tutte le coppie che devono intraprendere questo viaggio. Purtroppo siamo in tantissimi, molto più di quanto non si senta in giro (si parla di 1,5-2 coppie su 10!).
Siate uniti e non pensate mai che ci sia una colpa: è un problema medico come un altro a cui per fortuna c’è spesso una soluzione. Parlatene! Tra di voi… e sicuramente anche con qualche esperto, perché a me avrebbe aiutato tanto poter avere un aiuto esterno professionale.
Non vi arrendete al primo tentativo!
E, facile a dirsi a posteriori lo so, provate a prendere questa avventura come un qualsiasi percorso della vita senza pensarci troppo sopra, senza fossilizzarsi, senza guardare allo specchio quell’orologio biologico.
In bocca al lupo da Elena, Enrico e la piccola Embrioncina surgelata con la testa durissima!
Elena Enrico Alice