Attraverso la pelle diventiamo esseri in grado di amare Asley Montagu
In genere, quando si pensa ai bisogni primari dell’essere umano, ci si dimentica che uno dei principali, sin dai primi giorni di vita, è quello del contatto. A dimostrazione di ciò, a livello embrionale l’organo della pelle e il senso del tatto sono i primi a formarsi, quindi possiamo comprendere come, anche dal punto di vista neurofisiologico, la funzione del contatto sia un bisogno primario dell’uomo.
Gérard Leleu, psicoterapeuta francese, sostiene che oltre che un piacere è un vero e proprio linguaggio. Gli esseri comunicano con la voce e lo sguardo, ma quando sentono il desiderio di approfondire un rapporto questi sensi diventano troppo poco. Solo con il contatto si ha la prova tangibile, palpabile della vicinanza, della comunicazione: si ha la sensazione di essere vivi, di essere desiderati’. Attraverso il contatto e le carezze si produce un’autovalorizzazione, perché ci sentiamo desiderati e apprezzati. Accarezzare ed essere accarezzati è l’intimo riconoscimento del nostro valore come esseri viventi unici.
‘Per i bambini piccoli essere portati in braccio, cullati, accarezzati, massaggiati,( scrive Frederick Leboyer grande innovatore della pediatria mondiale) sono tutti nutrimenti indispensabili, come le vitamine, i sali minerali e le proteine, se non di più. Se viene privato di tutto questo e dell’odore, del calore e della voce della madre che conosce bene, il bambino, anche se gonfio di latte, si lascerà morire di fame’.Il babywearing, o il Portare in italiano, non è solo “trasportare” il bambino, ma rappresenta una modalità unica di sostegno emotivo nella relazione con il proprio bebè. Il bimbo a contatto del genitore ritrova gli stimoli della vita uterina, ritrova il suo posto sicuro. Dal punto di vista etologico la specie umana viene inserita nella categoria dei portati attivi, Il bambino ha una naturale predisposizione ad essere portato, attivamente attraverso una serie di comportamenti e riflessi ereditati nei millenni (riflesso palmare, Babinski, Moro). Possiamo osservare anche le caratteristiche fisiche, le gambe dei neonati, la forma ad “O” e la divaricazione flessa sono funzionali alla posizione che assumono quando vengono fatti aderire al corpo della madre per essere portati. Questi elementi esprimono la memoria filogenetica del portato attivo che storicamente è stato portato sul fianco della madre.
Dagli studi emerge in modo chiaro come i bambini nascano fortemente immaturi per via della posizione eretta assunta dall’Homo Sapiens, il bacino della donna si è ridotto di dimensioni e per il neonato sarebbe impossibile passare attraverso il canale pelvico dopo ulteriori 9 mesi di vita intrauterina, per tanto la gestazione deve completarsi al di fuori del grembo materno, sotto forma di gestazione extrauterina, ESOGESTAZIONE, per circa 9/12 mesi, quando il bimbo inizia a gattonare/camminare.Portare non solo favorisce il legame di attaccamento, ma gli studi hanno confermato che i bambini portati piangono meno, sia perché il genitore acquisisce una consapevolezza più profonda dei bisogni del bimbo dovuta al con-tatto prolungato, sia perché in fascia scaricano la tensione e i pianti serali si riducono. La fascia fa da filtro agli stimoli esterni, dona contenimento pur non escludendo dal mondo esterno. Tenendo il bimbo ‘stretto a sé’ si è in ascolto ‘di pancia’, in modo empatico e non verbale.
Portare in modo corretto si rispetta la fisiologia del bambino, con tecniche idonee in linea con il suo ritmo evolutivo. La giusta postura aiuta la prevenzione e la terapia nella displasia. Anche il portatore ne trae benefici rimediando a posture scorrette che si assumono tenendo in braccio il bimbo.
Ciò che favorisce il processo di individuazione e separazione è un’esperienza LENTA E PROGRESSIVA, durante la quale il bambino si riunifica alla mamma recuperando le certezze, le energie nel calore e nella sicurezza che sa donargli, con le esperienze di diffusione e affermazione, con lo sviluppo del movimento e dello spazio-tempo di separazione dalla mamma grazie ai quali sperimenta l’autonomia e viene a contatto con il mondo esterno. (Vecchiato)
Concludendo possiamo dire che
LA DIPENDENZA EMOTIVA
è
LA PREMESSA FONDAMENTALE PER LA SICUREZZA EMOTIVA
IN-DIPENDENZA
INDIPENDENZA