La mia ricerca di una scuola di counseling nasce dall’esigenza di minare un’eccessiva spersonalizzazione e incomunicabilità contro cui mi scontro in tre ambiti per me molto significativi: scuola, sanità, giustizia: quest’ultima in ragione anche della professione di avvocato che svolgo.
Talvolta mi sento mancare il respiro, sotto gli ingranaggi della generalizzazione e della procedura, a scapito della specificità e della sostanza. Ad esempio. Il medico che, mentre mi parla, guarda il PC per rispettare tempi e pratiche imposte. La maestra terrorizzata che scrive email ai genitori per precostituirsi prove scritte e potersi difendere. Il cliente disorientato di fronte al proprio avvocato che gli parla in “legalese”. Dove sta qui la comunicazione?
In Artemisia sto finalmente riscoprendo e riaprendo canali comunicanti interrotti: la narrazione delle storie, l’ascolto, un linguaggio comprensibile a chiunque, il mettersi in gioco, la responsabilità.
Artemisia, al pari dell’erba da cui prende il nome, è per me la scuola dei viandanti e dei visionari: un percorso più importante della meta, un’esperienza per riconoscersi, riconoscere le piccole grandi cose del quotidiano e riprendersi le coordinate spaziotemporali, l’apertura di un dialogo ogni volta che si cade in un conflitto con sé e/o con gli altri.
Ed è proprio in quell’incedere che Artemisia mi fornisce gli strumenti di creazione (ponti) e di previsione (nuove vie) per essere vigile oggi, e più pronta domani.
E poi in Artemisia mi sono sentita a casa sin da subito: Arianna Garrone e la magia della sua accoglienza, gli sguardi potenti dei miei compagni di viaggio, la preparazione dei docenti, la varietà e attualità dei programmi, il rigore nello studio e l’attenzione alla sua applicazione pratica, la Artemisia-house con la collina, i suoi alberi e i suoi gatti, la cura nel dettaglio e nell’insieme: tutto ciò con cui mi sono confrontata sin’ora è vivido e autentico e, come un libro che non si vuole finire, desidero gustarlo riga su riga.
Avvocato Monica Rosano Corsista